Onore alla BandieraL’idea di Patria attraverso l’iconografia delle bandiere
a cura di Jlenia Selis
Patria, patriottismo due parole difficili da rendere a livello figurativo soprattutto in maniera immediata, senza troppi passaggi iconografici o elaborate concezioni simboliche. Ho cercato nella mente e nel cuore cosa mi ricordasse di più l’Italia e con stupore non è riaffiorato alla mia memoria un luogo, un personaggio storico,un quadro specifico, ma un ricordo d’infanzia: un’esibizione delle Frecce Tricolori. Tre colori. La bandiera. Un lembo di stoffa che porta su di se il peso, l’onore della storia di una nazione.
Giosuè Carducci per il primo centenario del Tricolore (7 gennaio 1897) disse: “Sii benedetta! Benedetta nell’immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all’ Etna; le nevi delle alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani, E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi, E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch’ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà” ed è con questo spirito che ho incominciato a cercare nel mondo dell’arte, dal 1700 ad oggi, come il Tricolore, ma più in generale, come le bandiere hanno “rappresentato”, portavoci silenziosi, i loro popoli e come gli artisti hanno sentito, con il loro estro, di celebrarle.
Europa ed America, vecchio e nuovo continente due percorsi storici tanto differenti che anche in questo frangente non potevano non emergere per diversità di stili e percorsi socio-culturali ; ho scelto di prendere come punto di riferimento quattro bandiere, tre europee e quella degli Stati Uniti d’America per cercare, attraverso la rappresentazione nei secoli di questi vessilli, di identificare i moti dell’anima del popolo che esse identificano. Tra dipinti, fotografie ed opere scultoree ho trovato le tracce di un patriottismo che è mutato di pari passo con la storia di ogni nazione, come sempre l’opera d’arte è un ottimo specchio di quello che è lo spirito, l’animo di chi la crea, ma anche del mondo in cui l’artista stesso vive o ha vissuto.
È tra il millesettecento ed il milleottocento che vengono adottate le attuali bandiere di Stati Uniti d’America (1777), Francia (1794), Italia (data ufficiale 1797), Regno Unito (1801) due secoli di grandi cambiamenti dove si può dire che sia nata l’età contemporanea e con essa un nuovo concetto di patria dove il popolo combatte per i propri diritti, la propria idea di libertà, uguaglianza e fratellanza.
Il dipinto di Charles W. Peale “Washington alla battaglia di Princeton, 3 gennaio 1777” è il primo quadro a livello cronologico tra le opere che andremo ad osservare, ma se vogliamo è anche il punto di partenza della rappresentazione di un certo concetto di patriottismo americano. L’opera segna una data fondamentale per il popolo degli Stati Uniti d’America: la resa dell’esercito inglese. Se facciamo un piccolo sforzo di associazione fotografica ci renderemo conto che quest’immagine è parzialmente ben stampata nella nostra memoria, ma associata in diversi contesti: la bandiera a stelle e strisce che sventola, come un drappo protettivo, dietro alla figura del vincitore.
Sullo stesso principio, è di Eugène Delacroix una delle opere più cariche di tensione e di energia umana; il pittore ha fermato sulla tela il nucleo spirituale, concettuale e vitale della Rivoluzione di Luglio del 1830. “La libertà che guida il popolo” ha in se, in ogni pennellata, in ogni sfumatura cromatica la tenacia e la voglia di rivalsa del popolo francese. Portata dalla Libertà, la bandiera sventola nella parte superiore del dipinto come una guida per coloro che ancora hanno la forza di combattere e come un simbolo di giustizia per gli uomini e le donne che hanno perso la vita per essa. Nessuna morte è vana, ogni caduto è un passo, un frammento di quel percorso arduo e gravoso che porterà al cambiamento.
Pochi decenni dopo, un altro grande artista, Claude Monet, immortala sulla tela due scorci di Parigi; si presume che “La Rue Montergueil” come “La Rue Saint-Denis” siano il fermo immagine, con sguardo impressionista, di una celebrazione della festa della Pace e del governo del 30 giugno 1878 (all’epoca festa nazionale; solo nel 1880 è stato ufficializzato il 14 luglio). Bisogna ricordare che la situazione politica è ancora poco stabile; il regime repubblicano è reduce dagli scontri del 1876/77 ma la Francia, ed il suo popolo, incominciano ad essere finalmente pulsanti di vita.
Le pennellate di Monet mettono in risalto la forza dei colori di una nazione nuova, dove la bandiera si confonde con la gente, dove l’esuberanza della festa sale e si alimenta tra le case. Il pittore osserva da una finestra l’energia che emerge dalla moltitudine delle persone e dallo sventolio del blu, bianco e rosso. Né battaglia, né serenità, ma energia pura catalizzata verso la speranza di un futuro diverso in cui non emerge il singolo individuo, ma la complessità e la tenacia di molti.
In quasi ogni città abbiamo delle opere scultoree che ci ricordano coloro che hanno perso la vita per la patria. Ci passiamo ormai vicino senza renderci conto che lì c’è un frammento importante della nostra storia; i monumenti ai caduti sono i detentori silenziosi del dolore che tante famiglie hanno dovuto provare a causa della perdita di qualcuno a loro caro, sono l’omaggio della patria stessa nei confronti di chi ha combattuto per difenderla.
La scultura bronzea di Luigi Belli del 1880 “Monumento ai caduti di Mentana”, un opera quindi italiana che si trova a Milano, vede raffigurata la bandiera a sfondo, dietro ai combattenti, imponente a dar forza agli uomini, presente anche nell’ultima battaglia contro la morte. Vicina come un compagno fedele.
Stiamo viaggiando su una linea temporale che ci porta a toccare vari momenti storici, ma soprattutto diversi popoli tra cui ovviamente non poteva non esserci una tappa tutta italiana proprio all’inizio del ‘900; al di là di ogni concezione politica indubbiamente il Futurismo ha dato all’arte italica una consapevolezza differente, ove il passato rimane una traccia fondamentale, ma è il futuro, l’evoluzione, il cambiamento quello che interessa sviscerare agli artisti. Tre autori: Adriana Bisi Fabbri, cugina ed amica di Boccioni, Roberto Iras Baldassarri e Giacomo Balla rappresentano a pieno quella che è stato il percorso concettuale del patriottismo in quel periodo.
Adriana Bisi Fabbri raffigura più momenti della breve storia del Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti di cui fecero parte, oltre ad altri numerosi giovani volontari che si erano uniti per prepararsi all’entrata in guerra dell’Italia, i futuristi Marinetti, Boccioni e Sant’Elia. In “Intervento” la pittrice rappresenta la bandiera in alto, già quasi trionfale agitata energicamente al vento a salutare coloro che lottano per la patria. Il tricolore è gonfio di energie e sotto di esso quel fiume patriottico che vive per la velocità, per la grandezza del trionfo lo alimenta ancor di più. Energia per dinamismo, movimento per forza, la guerra come sola igiene del mondo (Manifesto Futurista 1909).
L’opera di Roberto “Iras” Baldessari del 1918 “Galleria + bandiere alleate sintesi dinamica” si innalza attraverso la percezione cromatica del Tricolore; verde, bianco e rosso: la folla è sotto le bandiere, sotto una patria comune; le persone sono la base di un’evoluzione più alta, sono l’inizio di un progetto più grande, sono le fondamenta della cattedrale del cambiamento.
L’arazzo monumentale (600 x 434 cm) di Giacomo Balla, “Genio futurista”, del 1925 sottolinea un nuovo concetto che andrà a gravare sula bandiera, ad essa è infatti abbinata una M che possiamo dedurre come l’iniziale del cognome di Benito Mussolini; si può distinguere una figura centrale ed una luce sopra di essa, la lettera è ovviamente rappresentata secondo la sensibilità futurista fusa tra corpo e forme dinamiche.
A questo punto possiamo fare una prima riflessione: la bandiera può portare su di sé il peso della vittoria come della sconfitta, può rappresentare un popolo come un singolo uomo ed è a questo punto che un simbolo può diventare troppo carico di ricordi, spesso spiacevoli. Allargando lo sguardo possiamo dire che le nazioni che hanno subito dittature in epoca contemporanea hanno una percezione diversa della bandiera, essa rappresenta il simbolo di un nemico non esterno, ma interno che ha logorato la fiducia del popolo, fino a portarlo a non riconoscersi più in quel vessillo. Il patriottismo a quel punto diventa un rifiuto della bandiera stessa o una percezione di essa sminuita, relegata a comparsa e non più a protagonista.
In un certo senso è quello che è accaduto al nostro Tricolore nel momento in cui il fascismo ha lasciato una traccia dolorosa nel nostro passato prossimo. Per quelle nazioni, come l’America, dove il nemico è sempre stato esterno, il concetto di bandiera è rimasto forte è cresciuto di pari passo con i progressi culturali e civili.
Vediamo infatti come nel 1917 Childe Hassam rappresenta “Il giorno degli alleati, maggio 1917” facendo quasi un tributo all’opera di Monet del 1878. La visione prospettica è diversa e sicuramente più alta, ma lo spirito patriottico è ben vitale, molto differente da quello espresso nell’opera che abbiamo visto precedentemente di Baldassari in cui il senso di patria si sente carico di profondi doveri e meno di spirito puro di libertà.
“Iwo Jima” foto scattata dal Premio Pulitzer, Joe Rosenthal nel 1945 raffigura 6 marine che issano la bandiera per segnalare la conquista di quel tratto dell’isola giapponese da parte degli americani; gli uomini e la bandiera sono un tutt’uno una forza unica, pronti ad issare il loro pensiero, ad affermare il diritto del combattente di essere lì su quel suolo straniero.
Ben diversa la sensazione che emerge dalle immagini scattate dal 11 settembre 2001 in poi, ovvero dall’attacco delle torri gemelle. Come si può notare in “Ground Zero Spirit” di Thomas Franklin la bandiera è diventata quasi un simbolo di protezione, un qualcosa a cui aggrapparsi per fronteggiare un nemico lontano, che purtroppo è riuscito ad arrivare fin sotto casa.
La bandiera diventa un compagno silenzioso che conosce il dolore e che trasmette al mondo la sofferenza del popolo che rappresenta. Silente come il tricolore rappresentato da Tino Stefanoni, nel dipinto “Luna e l’altra” del 2009 dove la bandiera diventa il riconoscimento di una silenziosa identità.
Una personalità complessa ricca di passato quella della bandiera italiana, ma che ancora ha voglia di trasmettere qualcosa, magari non solo attraverso la televisione al momento di una partita, ma anche tramite la voglia della gente di rivederla come qualcosa di limpido, di puro che rispecchia i sogni di un’Italia che può essere esattamente come vorremmo. Probabilmente chiediamo la luna, ma forse basta ricordarsi che dietro quei tre colori, come in ogni bandiera, in ogni nazione, c’è passato, presente e futuro.
Abbiamo fatto un percorso, osservando numerose opere, passando tra diversi stili e molteplici significati ed è attraverso quattro opere che vorrei provare a tirare le fila di questo complesso discorso d’immagini e sentimenti.
Osservando l’Italia con il cuore, ma sentendomi cittadina del mondo vorrei che il senso di patriottismo, almeno sotto forma d’arte non si fermasse semplicemente al nostro paese d’origine. Proviamo quindi a guardare senza barriere come solo l’occhio di un’artista sa e può fare.
Credo che il passato sia ben rappresentato da Michelangelo Pistoletto in “Stracci d’Italia”, del 2007, dove l’opera è formata da tanti lembi di stoffa, a simboleggiare forse sia quello che rimane, sia quello che ha composto e sorretto questa nazione.
Il presente ben si rispecchia ancora, nonostante siamo nel 2011, nell’opera del 2004 dell’artista peruviano Jota Castro, intitolata “B.B.B. oil shame II”dove alcuni personaggi politici sono cambiati, ma probabilmente gli obbiettivi, le fondamenta di certi governi purtroppo sono sempre quelli, ben lontani da quei principi di libertà che decantiamo dal ‘700. Italia, Inghilterra ed America, ed i loro rispettivi governati, vengono inserite in bidoni di petrolio a simboleggiare come il lato economico sia quello che più interessa e non quello umano.
Il futuro invece lo vedo negli occhi della bambina raffigurata nell’opera del fotografo contemporaneo Andrew Lichtenstein “Never coming home” del 2007: lei sta osservando i preparativi per un funerale, conosce il dolore e sa che non va spettacolarizzato, ma semplicemente vissuto; la bandiera è presente per ricordarle il passato, ma anche per traghettarla verso un avvenire più sereno.
Magari dissacrante, irriverente, ma pur sempre puro come quello visionario di Keith Haring “American Flag” dove la gente fa parte della bandiera stessa: si arrabbia, gioisce con essa.
Viviamo attraverso il nostro, come giusto che sia, soggettivo senso di patria, ma senza dimenticare che la bandiera in fondo rappresenta il luogo dove viviamo. Ogni nazione ha una sua storia, momenti positivi e negativi, epoche di cui si va fieri altre che preferiremmo non aver dovuto neanche sentir parlare, ma l’importante è che non dimentichiamo che qualsiasi ombra quel vessillo porti è nulla a confronto delle possibilità di riscatto che potrà avere se solo noi lo vogliamo. Creatività nel rappresentarla, ma soprattutto nel rispettarla qualunque siano le forme ed i colori che la compongono.
Di secolo in secolo, giorno per giorno: Onore alla Bandiera.
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